Il Trofeo The Beach Club, valida come tappa ufficiale per il campionato nazionale di Stand Up Paddle, è sin dalla sua prima edizione attento a coinvolgere tante realtà diverse. Si tratta di uno di quei contesti in cui l’agonismo, se pur di grande rilevanza, non la fa da padrone.
Ed è così che ci sono tanti bambini e bambine che gareggiano senza ‘ansia da prestazione’; ed è così che c’è sempre una rappresentanza di atleti disabili perché l’accessibilità dello sport è fondamentale; ed è così che ci siamo noi di Farmacisti in aiuto per raccontare i nostri progetti e promuovere il connubio sport e solidarietà.
Quest’anno abbiamo incontrato Simone Mazzanti, atleta nella categoria Adaptive.
Quanto è importante per te lo sport?
“L’attività sportiva nella mia vita è diventata fondamentale da quando un incidente stradale mi ha cambiato totalmente la vita costringendomi su una sedia a rotelle. Fortunatamente, per carattere e soprattutto grazie all’appoggio di famiglia e tanti amici, sono riuscito a reagire, tornando a dedicarmi al Sup grazie ad un ausilio, il Sitpad, che mi sono costruito e che adesso è diventato anche un brevetto. Ne vado particolarmente fiero perché mi consente di fare questo sport con molta soddisfazione e divertimento ma soprattutto mi permette di tornare a sentirmi indipendente ed autonomo al pari degli altri”.
Oggi, insieme a te, c’è tuo figlio ad assisterti nelle operazioni logistiche prima e dopo la gara. Influisce questa collaborazione nel vostro rapporto?
“Mio figlio Jacopo ha 20 anni ed è soprattutto grazie a lui se riesco ad essere presente in questo tipo di situazioni. Mi aiuta nelle operazioni pratiche prima, durante e dopo le gare. Con lui ho un rapporto molto aperto e “sano”. Ho anche una figlia, Bianca di 17 anni, che mi aiuta moltissimo anche lei. Sono estremamente fiero si entrambi”.
Possiamo dire che lo sport oggi è accessibile ai disabili? Cosa dovrebbe cambiare?
“Attualmente il mondo dello sport è poco accessibile alla disabilità, si fa un gran parlare di integrazione ma quasi mai le strutture ci sono e sono adeguate. È tutto troppo legato alla buona volontà di pochi oppure ai grandi momenti pubblici. Faccio un esempio legato al mondo del Sup: quasi nessun stabilimento balneare è dotato di sedia per poter accedere al mare e laddove è presente la sedia non c’è nessuno che sia formato per l’utilizzo, peraltro davvero semplice. Fortunatamente si trova sempre qualche brava persona che si offre di aiutare. A mio parere le federazioni sono troppo impegnate nel gestire i finanziamenti piuttosto che promuovere davvero in pratica lo sport per tutti. Tutto è troppo e solo legato ai grandi eventi tipo paralimpiadi ed alle grandi prestazioni.speriamo che in futuro si riesca a sensibilizzare maggiormente le istituzioni, è quello che cerco di fare andando in giro con il mio Sup adattato per mio conto ed a mie spese”.
Chiacchierando ci hai detto che conosci Matteo Franchini (ndr. atleta non vedente presente alla I Edizione del Trofeo e con cui abbiamo collaborato per il progetto Pagaia Bianca). È importante ‘fare rete’? Si sta facendo qualcosa in Italia in questo senso?
“Niente che io sappia, tutto è legato a piccole singole realtà locali e conoscenze occasionali”.
Ma sappiamo che le tue attività con il SUP non si esauriscono come atleta…
“Io sono atleta agonista regolarmente tesserato da FISW; ho intrapreso il percorso per istruttore federale di sup e sto facendo le ore di tirocinio per ottenere il rilascio del brevetto. Collaboro con l’unica scuola attualmente presente in Italia, Surf4all di Tirrenia, che promuove le attività surfistiche per tutti, disabili e non. Sono inoltre consigliere di Asd Toscanasurfing di Cecina che organizza gare nazionali di federazione”.