I bambini che sosteniamo in India vivono in abitazioni povere, spesso capanne. Costruire un riparo stabile, al sicuro dalla pioggia è una priorità della maggior parte delle famiglie che spesso si indebitano pesantemente per poterle sistemare o renderle agibili dopo un crollo (frequente considerando i monsoni e il fatto che i muri sono spesso costruiti in fango e il tetto in foglie). Entriamo in casa…
I muri possono essere di foglie (sono ormai piuttosto rare, ma ancora esistono le tradizionali capanne in foglie di palma), cioè freschi, ma poco resistenti; possono essere di fango, e anche questi dopo alcuni anni si sbriciolano e si sciolgono sotto la furia dei monsoni; possono essere di mattoni di terra cotti al sole o cotti in forno (questi ultimi sono come i nostri mattoni pieni, più robusti e in grado di reggere anche tetti in calcestruzzo); infine possono essere di mattoni forati (le case costruite con i fondi governativi devono essere di questo tipo). I tetti vanno dalle foglie intrecciate (da rifare ogni anno o due, oppure semplicemente ricoperti di teli di plastica, per risparmiare) alle lamiere sottili (caldissimi nella stagione secca, rumorosissimi durante le piogge e facilmente “deperibili”: un cocco che cade da molto in alto può bucarli!), dall’ondulina di amianto (iniziano ora a diffondersi le conoscenze sulla sua pericolosità, ma è ancora molto economica per attirare diverse famiglie…) alle tegole (nei tetti più vecchi, soprattutto) e al cemento (obbligatorio per le nuove case sovvenzionate dal comune). Spesso le famiglie povere vivono in case al grezzo, cioè prive di intonaco sui muri, col soffitto non impermeabilizzato e col pavimento non rivestito. L’assenza di intonaco ai muri e di rivestimento sul soffitto permette più facilmente l’infiltrazione di acqua durante le violenti piogge monsoniche; avere il pavimento grezzo, invece, significa camminare (e in India si sta rigorosamente a piedi nudi in casa!) sul cemento non levigato, quindi ruvido, facile allo sgretolamento e, soprattutto, impossibile da tenere pulito. Veniamo agli infissi: se non ci sono i soldi per avere gli scuri o i vetri, alle finestre delle case restano solo le sbarre che impediscono ad animali randagi e malintenzionati di entrare… e per difendersi dal sole e dalle piogge non resta che provare con tende, stracci, teli di plastica o cartoni. Spesso (questo sì è un problema da poco, ma serve a rendere l’idea delle condizioni di vita) non ci sono le porte interne, sostituite da teli o da… niente.
Ora soffermiamoci all’interno. Cosa vuol dire avere la cucina col focolare? Innanzitutto la stanza è nera e appiccicosa di fumo e per cucinare ci vuole molto più tempo. Diverse famiglie, però, ora hanno anche il fornello a gas o a induzione, ma i costi non sono secondari e, per risparmiare, non c’è quasi nessuno che non usi il fuoco almeno per le preparazioni più lunghe, come la cottura del riso e la bollitura dell’acqua. Molti focolari sono all’aperto, sotto tettoie o ripari di fortuna dove non è facile cucinare quando imperversa il monsone. Le cucine non hanno mobili, a parte qualche scolapiatti o mensolina, ma un piano di lavoro che ospita il focolare e/o il fornello a gas; se tale piano manca, si cucina in terra su tre pietre.
Per quanto riguarda i servizi igienici, da qualche anno il governo ha stabilito che nelle case sovvenzionate debbano essere interni, ma nella stragrande maggioranza dei casi le famiglie hanno ancora la latrina esterna, che non è il massimo della comodità soprattutto quando piove o è notte. Solitamente la latrina è una semplice turca e non c’è la doccia: ci si lava con secchiate d’acqua in cortile (quindi vestiti) o, per i più fortunati, in una costruzione che oltre al gabinetto abbia lo spazio sufficiente. Nelle zone più vicine al mare, dove predisporre gli scarichi fognari è più difficile, diverse famiglie devono utilizzare i servizi igienici pubblici, il cui stato vi lasciamo soltanto immaginare; nelle zone più sperdute, rurali o vicine ai boschi, spesso i bisogni si fanno nascondendosi nella vegetazione, con pericoli, soprattutto per donne e ragazze, che potete intuire.
L’arredamento, questo sconosciuto: la maggior parte delle nostre famiglie possiede soltanto qualche sedia (solitamente di plastica) e un tavolino (più piccolo delle nostre tavole da pranzo medie), a volte un solo letto a famiglia (dove dormono solitamente i genitori o i maschi di casa o i vecchi, se ce ne sono), più raramente un armadio (non pensate a un armadio nostrano, però: gli armadi dei poveri, che siano di ferro o di legno, sono solo a due ante e alti circa un paio di metri). Questa carenza di mobilio porta ad appendere i vestiti a corde lungo i muri e, talvolta, a dedicare una stanza di casa (o gran parte di essa) a magazzino!