Come sapete Farmacisti in aiuto è una Associazione Non Lucrativa di Utilità Sociale che si fonda sul volontariato e sull’affetto e la fiducia che tante persone ci regalano ogni giorno e da tanti anni.
Oggi vogliamo raccontarvi la storia di Elda, una nostra carissima amica che fa parte della famiglia di Farmacisti in aiuto sin dai primissimi anni di vita dell’Associazione. Il suo sostegno è uno dei pilastri indiscutibili di molti progetti realizzati in India.
Come ci ha conosciuti e perché ha scelto di aderire proprio ai nostri progetti?
“Tutto ha avuto inizio quando mio figlio Marco mi parlò di questa Associazione che aveva contribuito a fondare e nella quale stava investendo tutta la sua passione e il suo tempo. Mio marito ed io ce ne innamorammo subito, rimanemmo entusiasti dei progetti e soprattutto della filosofia e dello stile con cui si portavano avanti le iniziative. Nel 2003 adottammo a distanza Jane, una bimba tanzana che sostenemmo agli studi per diversi anni vedendola crescere. Al completamento degli studi i Farmacisti ci proposero altri progetti legati alla Tanzania o di spostare l’adozione a distanza sul fronte indiano. Da qui nacque il rapporto a distanza con Sharon, gambe nodose e grandi occhioni scuri”.
L’adozione a distanza è senza dubbio un rapporto duraturo e “personale”, quasi immersivo con le zone di missione, ma lei negli anni ha contribuito a realizzare o interamente sponsorizzato importanti interventi strutturali in India.
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La mia vita è sempre stata segnata da un grande impegno verso gli altri, quasi una vocazione che mi ha portato, professionalmente parlando da insegnante del Liceo, sentendomi sempre al servizio degli alunni, dispensando cultura non disgiunta da un senso materno che potesse raggiungere anche le intelligenze meno argute. Questo mio modo di insegnare mi ha fatto guadagnare una immensa stima anche da parte dei genitori, tanto che oggi possiedo un pacco di lettere di ringraziamento che spesso cominciano con cara mamma Elda. Ricordo quando in tempo di guerra cercavo di rubare a mia madre, qualche centilitro di olio o un pò di farina o di fagioli (ndr. all’epoca razionati) per poi poterlo distribuire a famiglie indigenti.
Due gravi lutti familiari, pur nel grande ed immenso dolore ,dopo la morte del mio primo bambino, Arturo, e di mio marito Guido, ho trovato dentro di me una forza ed una determinazione ancora più grande, una forza violenta determinata dalla certezza che si deve vivere per gli altri, distribuire amore a costo di sacrifici personali e rinunce quotidiane.
Ed è questo messaggio che vorrei lasciare a voi: non importa cosa hai e quanto hai, è importante scegliere di condividerlo.
Ho deciso, con grande sacrificio e rinunce quotidiane, di sostenere ogni anno un progetto che potesse migliorare la vita di qualcun altro, oltre alle adozioni a distanza di Sharon e Monisha, che continuo con grande affetto”.
Per citare alcuni dei progetti che ha sostenuto, ricordiamo il “pozzo di Guido” che ha consentito l’approvvigionamento idrico di una zona disagiata in uno dei villaggi indiani che sosteniamo; la ristrutturazione del Tuition Center di Puruthipara e l’acquisto ed ammodernamento dell’Asilo di Pozhiyoor, fondamentali strutture per l’istruzione dei nostri ragazzi; inoltre ha dotato il centro per la Talassemia di Madurai di un importantissimo strumento per la conta dei globuli rossi (l’emocitometro), necessario per la somministrazione delle cure mediche.
“ Rispetto a questo ultimo progetto, ricordo con gioia e commozione una telefonata ricevuta una mattina “qualunque” alle 7.30 dall’America, da parte di una persona fino a quel giorno sconosciuta. Si trattava del dr. Lawrence Faulkner, medico volontario, che stava ritirando in quel momento il macchinario e nel ringraziarmi mi disse: volevo che anche lei fosse presente in questo momento; da oggi saremo in grado di prestare cure mediche più efficaci. Ecco queste sono le soddisfazioni della vita”.
Noi la ringraziamo moltissimo per l’aiuto che ci sta dando e per condividere con noi tutti questi suoi pensieri ed emozioni. Vorrei salutarla chiedendole quale sia il consiglio che si sente di dare a chi è ancora scettico verso le Associazioni Onlus o, in generale, non si è ancora avvicinato al mondo della solidarietà.
“Vorrei raccontare un piccolo aneddoto. Ogni qualvolta mi trovo a scrivere un biglietto augurale per i giovani sposi che da allora in avanti condivideranno la loro vita, cerco di trasmettere quelle che io chiamo “le coordinate per far durare un matrimonio”: cosa vuol dire veramente stare insieme, cosa vuol dire amare, cosa significa condividere. Ecco credo che il segreto sia proprio questo; trovate le chiavi di lettura di questi tre concetti si è pronti ad una vita migliore. L’importante è capire che non si può vivere solo per noi stessi, non è la vita vera; dobbiamo sempre tenere presente che ci può essere qualcuno vicino o lontano che può avere bisogno di noi e questo aiuto può essere dato in qualsiasi modo, secondo le nostre possibilità: dare un po’ di ascolto, sorridere, dare un consiglio, essere presenti dove è necessario.
Siate i primi a tendere la mano… non aspettate che siano gli altri a fare la prima mossa”.