Il malayalam è uno dei 22 linguaggi cosiddetti “classici” indiani, approvati come linguaggi statali dal governo centrale nazionale indiano; si parla nello stato del Kerala e in alcuni territori di stati adiacenti (come nelle province di Kanyakumari e Coimbatore nello stato del Tamil Nadu). Si tratta di una lingua dravidica, che non ha connessione con le alcuna delle altre famiglie linguistiche conosciute! Essendo molto antica, ha incorporato nel corso dei millenni molte parole da altre lingue, attingendo dall’antico sanscrito come dal tamil come dal recente inglese. Tra le lingue parlate nella nazione indiana, è una di quelle col maggior numero di lettere singole: ben 51, di cui 15 vocali e 36 consonanti! Se ha il vantaggio (per chi conosce il suo alfabeto) di leggersi come si scrive (al contrario dell’inglese), è però molto difficile da comporre, in quanto i simboli delle consonanti cambiano a seconda della vocale che segue. E i suoni sono molto precisi, anche se quasi indistinguibili all’orecchio occidentale.
Per quanto riguarda il tamil, è anch’esso una lingua dravidica, probabilmente la più antica, più influenzata del malayalam dal sanscrito e molto meno dall’inglese. Il tamil è la lingua ufficiale del Tamil Nadu, una delle lingue nazionali di Singapore e Sri Lanka, è parlato anche nelle isole Andamane ed è compreso nella lista delle lingue classiche indiane. L’alfabeto tamil ha “solo” 12 vocali e 18 consonanti, che, però, si possono combinare in 216 diversi simboli consonante + vocale!
Alcune regole di pronuncia comuni, che possono essere utili per enunciare correttamente il nome del vostro bambino, sono le seguenti: le due “o” si leggono come la “u” e le due “e” come la “i”; la “j” è una “g” dolce; il “th” si legge come “t”, la “w” come “v”, “ch” come “ci”; la sillaba “sa” si legge (quasi sempre) “scia” (anche il binomio “sh” ha questo suono). Quindi, ad esempio, Vijitha si legge “Vigita”, Soorya “Suria”, Chandhu “ciandu”. Spesso vi sono grafie interscambiabili per lo stesso nome, come “Sandhya” e “Santhya” o “Aneesha” e “Anisha”, o grafie completamente diverse (Abitha = Efitha!). Perciò non preoccupatevi se sulle pagelle dei vostri bimbi il nome non è sempre scritto allo stesso modo!
Non vi sono, invece, regole definite per assegnare i cognomi. Nei documenti ufficiali del Kerala ai nomi delle bambine è aggiunto, come cognome, il nome della madre, mentre per i bambini viene apposto quello del padre. Ma per la maggior parte dei certificati meno formali (tra cui le pagelle scolastiche!) si può usare come cognome indifferentemente il nome del padre, della madre, di uno dei nonni o combinazioni. In Tamil Nadu, invece, si usa solo il cognome del padre, anche se spesso viene apposto prima del nome proprio e non dopo. A volte, poi, i tamil aggiungono anche il nome del villaggio di provenienza o della casta (sempre per primo). Di sicuro c’è solo che quando una donna si sposa, il suo cognome cambia, divenendo il nome del marito!
Diffusissimi sono, poi, i nomignoli, che si distinguono in “pet names”, nomi affettuosi utilizzati principalmente da genitori e parenti, e “nicknames”, soprannomi più usati, invece, tra gli amici. Alla fine della fiera non è raro che ogni bambino indiano abbia tre nomi: quello “di battesimo”, un appellativo dolce familiare e un nomignolo amicale più o meno buffo.
Un secondo nome molto particolare che merita di essere menzionato è quello che viene dato, dal sacerdote villaggio al tempio, a tutti i bimbi di casta tribal: si tratta del nome di un dio, che secondo la tradizione verrà in loro aiuto qualora si trovassero in pericolo!
Per apporre il nome proprio ai bambini vi è una speciale cerimonia, originariamente hindu, ma mutuata poi, a volte con piccole varianti, anche dalle altre comunità. Al bimbo viene legato un laccio alla vita (d’oro o d’argento per i benestanti, di semplice cordino per gli altri) mentre i genitori gli sussurrano tre volte all’orecchio il suo nome!